Deciso più che mai ad arginare l’immigrazione, impegno cardine della campagna elettorale, il Governo britannico ha annunciato uno schema che prevede l’attribuzione di punteggi per l’ammissione sul mercato del lavoro del Paese e dunque la conquista del permesso di soggiorno. La novità è che a partire dal prossimo anno, data di avvio formale della Brexit, lo schema si applicherà anche ai cittadini europei, che verranno trattati come qualsiasi altra nazionalità. Lo schema è mutuato principalmente dall’Australia, ma anche simile a quello in vigore in Canada e Nuova Zelanda. Da quando il Governo Johnson è al potere, peraltro, è in atto una manovra di crescente distacco psicologico nei confronti della UE. In vista dell’apertura dei negoziati commerciali con Bruxelles, che definiranno i prossimi rapporti commerciali, Londra ha già messo in chiaro di voler ottenere un trattamento alla canadese. Vuole insomma mettere le distanze con l’Europa mentre Bruxelles paradossalmente è disposta a offrire molto di più, non fosse altro che per il rapporto geografico di vicinato.
Il nuovo schema, oltre a prevedere una serie di qualifiche da ottemperare quali esperienza professionale, conoscenza dell’inglese, offerta di un lavoro da parte di un datore certificato, ha posto un’asticella su un salario minimo dei 25.600 sterline annue lorde per evitare che nel Paese giunga mano d’opera poco qualificata. Il reddito è stato ridotto peraltro da una proposta iniziale di 30.000 sterline, a causa delle proteste del mondo dell’imprenditoria, che teme un prosciugamento del mercato del lavoro di fascia bassa. Per ovviare l’insorgere di forti carenze di mano d’opera il Governo ha concesso l’eccezione di un minimo di 20.500 sterline annue per lavori come gli operai edili o gli infermieri.
Le reazioni da parte del mondo delle imprese sono state vibrate, dato che sono in vista forti cali di organici che una volta provenivano dall’Europa e che mettono a repentaglio non solo il servizio sanitario, ma quello dell’ospitalità (alberghi e ristorazione) e agricolo, che già la scorsa estate ha dato netti segnali di crisi per il calo di raccoglitori da Paesi come Romania e Bulgaria. Esponenti del Governo hanno messo in chiaro che i datori di lavoro britannici hanno 10 mesi per mettersi in regola e sopperire alle carenze. Il ragionamento sottostante è che l’industria britannica ha vissuto per troppo tempo sugli allori appoggiandosi su mano d’opera poco qualificata che ha frenato l’investimento in innovazione e automazione e tenuto bassa la produttività. Su questo fronte vi è un fondo di verità ma pare prima di tutto una reazione isterica quella di correggere un problema strutturale dell’economia britannica in 10 mesi. Considerando in secondo luogo che i Governi conservatori che si sono susseguiti non hanno mai seriamente investito in formazione professionale e hanno confidato su mano d’opera immigrata, peraltro molto più qualificata di quella locale a parità di settore. Il famoso idraulico polacco ha infatti spazzato via in pochi anni i pari inglesi rimasti sul mercato dato che i loro ex colleghi se ne stavano a casa già da tempo con sussidi di disoccupazione. Lo stesso è avvenuto in molte altre categorie di lavori manuali in cui i britannici non hanno brillato per abilità manuali.
Oggi ipocritamente il Governo crea una situazione grottesca, che funziona pressappoco così: la nostra mano d’opera merita di operare in settori qualificati, dunque non si può abbassare a lavori umili (che comunque non faceva). Gli stranieri non possono più fare i lavori umili, dato che devono guadagnare almeno 25mila sterline. Chi farà i lavori umili sempre più richiesti resta dunque un mistero. Un gigantesco Comma 22 grava sul mercato del lavoro britannico. L’importante comunque per il Governo Johnson pare sia salvare la faccia, in barba alle leggi elementari dell’economia. Insomma, ormai è almeno legalmente certo che la possibilità che ci si possa finalmente trovare un giorno in un ristorante davanti a un cameriere inglese purosangue resta da escludere. E gli italiani, spagnoli, portoghesi ed est europei che finora offrivano il loro servizio con impegno e passione dovranno inevitabilmente essere sostituiti da robots.