Un avvelenamento così acuto dei rapporti con i cugini dall’altra sponda dell’Atlantico non si vedeva forse dai tempi delle guerre tra Londra e le ex-colonie americane. Trump non infatti è andato per il sottile: ha detto infatti che l’Ambasciatore britannico a Washington, Sir Kim Darroch “è un tipo molto stupido”, per poi infliggere un colpo basso contro la stessa premier britannica Theresa May, dandole praticamente dell’incapace perché “della Brexit ha fatto un pasticcio”.
I colpi di clava di Trump sono giunti dopo che, un’altrettanto velenosa fuga di notizie, ha reso pubblici dei memo dell’Ambasciatore britannico a Washington, in cui affermava che l’amministrazione Trump era “goffa e inetta” e praticamente inaffidabile. Memo candidi e spassionati vengono spediti giornalmente dalle Ambasciate di tutto il mondo alle rispettive cancellerie nazionali, dato che i Governi hanno bisogno di avere un quadro realista della situazione negli altri Paesi. Il problema è che, questa volta, i giudizi di Darroch, invece di restare riservati, sono finiti sui giornali. Il fattaccio ha creato un grave impatto istituzionale: infatti, l’Ambasciatore, che rappresenta lo Stato e quindi la Regina (e non il Governo di turno), davanti agli insulti di Trump, che gli ha peraltro chiuso ogni accesso al Governo, è stato difeso a spada tratta dalla May, dal ministro degli Esteri Jeremy Hunt e dallo stesso leader dell’opposizione Jeremy Corbyn, che lo hanno elogiato per avere dato prova per anni di impeccabile professionalità. Il fatto é che Boris Johnson, richiesto di una presa di posizione durante un duello televisivo con Hunt, che é suo rivale nella sfida alla leadership del partito conservatore, ha fatto melina. Mentre Hunt difendeva a spada tratta Darroch, chiedendo a Johnson di fare altrettanto, Boris si è pilatescamente limitato ad affermare che il rapporto con gli USA è di vitale importanza per il Regno Unito. Davanti a una mancanza di difesa da parte del molto probabile prossimo Primo Ministro, sottoposto al martellamento di Trump e cosciente di essere diventato un imbarazzo nazionale, Darroch si è visto costretto a dare le dimissioni poche ore dopo.
La storia non è finita qui. Anzi, può essere l’inizio o il proseguimento di un cattivo rapporto tra Johnson e il Foreign Office e più in generale i burocrati dello Stato, di cui ha tanto bisogno per fare funzionare la macchina governativa. Lasciando impallinare l’ambasciatore da Trump, Johnson, secondo i critici, e non solo i laburisti come Corbyn, ma anche numerosi conservatori, ha mostrato chiaramente di mettere avanti i propri interessi all’interesse dello Stato. Si potrà pensare che in questo modo Johnson si è accattivato le simpatie di Trump. Si tratta di una pia illusione. Chiunque abbia osservato il presidente americano muoversi sullo scacchiere internazionale in questi anni ha infatti avuto modo di constatare che Trump non ha amici, ma solo interessi che antepongono gli USA a ogni cosa. Per assecondarlo e farselo amico come chiede astutamente il brexitaro Nigel Farage, che cerca di mettere in difficoltà i conservatori spingendoli da destra, significa mettersi in una posizione subalterna a Washington, senza alcuna garanzia di ottenere un ritorno, considerando oltretutto il comportamento erratico di Trump.
Insomma, la Brexit, che dovrebbe permettere al Regno Unito, secondo i sostentori, di riprendere il controllo del Paese, togliendolo dalle grinfie di Bruxelles, rischia di metterlo tra le braccia di un amico prepotente e bizzoso a cui rischia di fare da cagnolino di compagnia. Questa prima prova, il sovranista Boris Johnson non ha dato prova di superarla con dignità da statista, ma piuttosto di schivarla con l’astuzia di un politicante.