Una presa del potere da parte di un Governo laburista non è da considerare un’ipotesi tanto peregrina. C’è infatti sempre il rischio che il Governo May possa implodere, stretto nella morsa delle opposte intransigenze della ala pro-Brexit del partito e della UE. Per quanto appaia contradditorio, entrambe le due entita’ per motivi opposti faticano infatti ad accettare una Brexit a metà come la May propone. I pro-Brexit vogliono un taglio netto rapido e senza alcuna concessione, mentre la UE ha messo ripetutamente in chiaro di non essere disposta ad accettare una intesa a’ la carte che permetta a Londra di cogliere di fior in fiore i legami che più le convengono con l’Europa.
Il Labour di Corbyn, la cui popolarità secondo gli ultimi sondaggi ha abbondantemente superato i Conservatori, con il 36% dei consensi per questi ultimi contro il 41% dei primi, è in agguato. Malgrado le recenti polemiche da parte della comunità ebraica che accusa Corbyn di tollerare forme di anti-semitismo nel partito, malgrado un programma vetero-socialista incentrato su nazionalizzazioni e sussidi e una diffidenza velata nei confronti di una UE troppo favorevole al mercato, Corbyn resta indubbiamente popolare nel Paese. E, per quanto più a favore di un legame morbido con la UE rispetto ai Tory, il leader laburista ha messo in chiaro di essere deciso a propria volta di dare seguito alla Brexit votata dall’elettorato.
Se ci trovassimo dunque a un certo punto con Corbyn al potere e una Brexit da gestire saremmo di fronte forse a uno degli scenari più inquietanti del dopoguerra per la Gran Bretagna. Ai danni economici che procurerebbe la Brexit in termini di ridotto commercio e di isolamento del Paese sull’arena mondiale, si aggiungerebbero quelli indotti dal Governo con un’economia di stampo statalista che ingigantirebbe la spesa pubblica in un momento in cui l’economia del Paese rischia di trovarsi con poche risorse. La privatizzazione di ferrovie e di varie utilities costerebe una tombola al Tesoro, malgrado le formule di emissioni obbligazionarie che i laburisti delineano. Il peggio però proverrebbe dalla ideologia vetero-socialista del partito, espressa ancora recentemente da Corbyn e dal suo leale Cancelliere-ombra John McDonnell, che hanno ribadito a più riprese l’intenzione di favorire l’industria rispetto alla finanza, a loro avviso all’origine del decadimento del Paese negli ultimi decenni. Intellettualmente la cosa ha tutta l’aria di una vendetta postuma contro il Thatcherismo, sostenuta dalla sana convinzione marxista che l’industria è la parte produttiva dell’economia, mentre la finanza è quella speculativa, in mano a gente avida e senza scrupoli. Gli eccessi della finanza dell’inizio degli anni ‘2000 sono stati senza dubbio esiziali per lo scoppio della bolla del 2008 e del decennio di grave crisi economica che è seguito. E’ un fatto però che i progetti di Corbyn di tornare a finanziare con aiuti di Stato l’industria e punire la finanza rischiano soltanto di dare il colpo di grazia all’economia del Paese, dove l’industria è ridotta ai minimi termini e non può certo esser fatta risorgere innaffiando di danaro capannoni abbandonati, mentre la finanza e i servizi annessi che ancora danno da lavorare alla maggioranza degli inglesi se colpiti rischierebbero soltanto di accelerare la crisi.
Insomma, il Regno Unito si trova in un vicolo cieco creato in massima parte da cattiva politica, populismo di destra e sinistra che approfitta della frustrazione della gente proponendo formule costose e inefficienti che, se applicate, rischiano di essere esiziali. Il Regno Unito diverrebbe un Paese irrilevante sul piano economico e militare (dato che i laburisti sono anche pacifisti e comunque i soldi per la Difesa caleranno) e con una spesa pubblica fuori controllo sul piano interno senza che nessun settore dell’economia in grado di produrre ricchezza sia messo in grado di funzionare. D’altronde quello di una sinistra demagogica e arrabbiata su scala mondiale è uno scenario futuro da non scartare. In Gran Bretagna è già una realtà. Negli USA ha raccolto forti consensi con Bernie Sanders. E nel resto del mondo dove al momento prevalgono politiche di destra e nazionaliste, non è detto che l’elettorato si rivolti ai vari dittatorelli, che per ora tengono a bada la frustrazione della gente attaccando le elites, rivolgendosi direttamente a leader di sinistra di ispirazione marxista che mettano fine al predominio delle elites e dei turbocapitalisti che la globalizzazione ha alimentato dando vita a fortune private che ormai pesano più dell’economia di interi Paesi. Anche questa non è un’ipotesi impossibile.