Il mondo delle costruzioni spesso si trova in contro-tempo con il ciclo economico, data la lentezza della realizzazione degli edifici, in particolare quelli di grandi dimensioni. Normalmente, i costruttori si danno da fare quando il ciclo diventa positivo ma, tra permessi, progettazione e realizzazione, l’opera viene completata solo anni dopo, quando il ciclo entra in declino. Un caso da manuale a Londra fu il grande centro direzionale di Canary Wharf, avviato a fine degli anni ’80 durante il boom di Margaret Thatcher e completato in piena recessione (1990-92). A causa dell’effetto trascinamento il grande centro, composto di una dozzina tra grattacieli e grandi edifici, non venne completamente abitato fino alla seconda meta’ degli anni ’90 causando nel 1992 il tracollo del colosso immobiliare canadese Olympia & York dei fratelli Reichmann a cui faceva capo. La società poté ripartire sotto nuove spoglie soltanto alcuni anni dopo grazie a una profonda ristrutturazione.
Londra, peraltro, è una città prettamente orizzontale, forse la più orizzontale che si conosca tra le grandi metropoli. Costruzioni residenziali in massima parte su due piani comportano grandi vantaggi in termini di luminosità delle vie, dato che i tetti sono bassi e il cielo scende fino all’orizzonte. Il boom di fine anni ’80 ha dato l’avvio a un’inversione del trend, con la costruzione nella City di una dozzina di grattacieli che si sono aggiunti a quelli storici costruiti a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 come Tower 42, CityPpoint e le tre torri del Barbican. In parallelo, a Canary Wharf, sorgeva una piccola Manhattan sul Tamigi. Ai tempi della grande crisi finanziaria del 2008, la City si trovava dunque con una ventina di grattacieli e Canary Wharf con una mezza dozzina. I permessi di costruzione erano stati dati in zone ben definite, come il quartiere di Bishopsgate nella City e, appunto, Canary Wharf, che nasceva da zero, sostituendo una zona di hangar e depositi sulla Isle of Dogs. Oggi, a dieci anni di distanza, non soltanto la City si è arricchita di un’altra mezza dozzina di grandi torri di cristallo e Canary Wharf di un’altra mezza dozzina. La corsa al grattacielo ha infatti contaminato la sponda opposta del fiume lungo South Bank. L’avvio del nuovo arrembaggio fu dato dalla costruzione dello Shard progettato da Renzo Piano. Oggi, per quanto radi e spalmati su un fronte di un paio di chilometri, una mezza dozzina di grattacieli sta facendo capolino nel cielo della capitale sulla sponda opposta della City. Totale: a oggi tra City e Canary Wharf i grattacieli che superano i 120 metri sono circa una cinquantina. Da qui al 2026 altri 13 grattacieli che hanno ricevuto la luce verde nella City verranno peraltro costruiti o completati trasformando completamente i connotati della cittadella finanziaria della capitale.
Il contagio della torre-mania in quest’ultimo decennio si è intanto esteso a tutta la città, con grattacieli che sbucano anche a occidente, sfigurando il profilo della Londra tradizionale. Secondo la London Skyscraper Map (SkyscraperPage.com) in totale gli edifici della capitale superiori ai 12 piani e 35 metri di altezza a Londra sono 611, con altre 73 in costruzione o con progetto approvato. Entro il 2020, tra Paddington e Stratford cresceranno peraltro 21 grandi grattacieli, dalle fogge più improbabili come il Can of Ham (prosciutto in scatola dalla foggia ovale verticale) accanto al Walkie Talkie della City o la Golf Ball di Wembley che avrà la forma di una sferica mega-astronave che conterrà 20mila persone, quanto una cittadina.
Il fatto più importante è che nell’ultimo decennio l’enfasi dai grattacieli commerciali di zone d’affari come la City o Canary Wharf si è spostata sul settore residenziale. E in questo campo dobbiamo attenderci nuovi record, come lo Spire a Newham, un colosso da 236 metri battuto soltanto dai 239 metri del Landmark Pinnacle sulla Isle of Dogs, che, perso il record del più alto grattacielo di Londra (one Canada Square da 235 metri) a vantaggio dello Shard a Southbank (310m) e del 22 Bishopsgate (278m) nella City, ora può rifarsi in campo residenziale.
La corsa al grattacielo residenziale sta creando però una città fantasma, dato che si ha l’impressione netta che l’offerta dei costruttori sta prendendo la mano sulla domanda. Pur mettendo a parte lo Shard, con i suoi 10 appartamenti faraonici da 50 milioni di sterline l’uno che restano invenduti da alcuni anni, il fenomeno pare ripetersi con molti altri sviluppi immobiliari di lusso. Secondo la società Molior su 1900 appartamenti di superlusso recentemente costruiti soltanto 900 sono stati venduti. Un totale di 14mila dal prezzo compreso tra le 10mila e le 15 mila sterline al metro restano invenduti. A confermare la distorsione dell’offerta giunge uno studio della società immobiliare Savills, secondo cui il 58% della domanda della capitale è per immobili dal valore non superiore alle 450mila sterline. A questa fa fronte un’offerta che pesa per il 25% degli immobili. D’altronde, l’effetto Brexit si sta facendo sentire in modo pesante. Nel 2015-16, secondo il Guardian, numerosi investitori asiatici hanno comprato appartamenti a Londra con intento puramente speculativo. Dopo il referendum, i valori di tali immobili sono crollati e gli investitori, che non avevano alcuna intenzione di abitarli, paiono ormai determinati a liberarsene, con inevitabile pressione al ribasso sui prezzi degli immobili di lusso. L’idea dei fautori della Brexit, di sostituire i commerci e gli scambi con i cugini europei con investitori di tutto il mondo, in campo immobiliare si sta rivelando una beata illusione.