Puntuale come una cambiale, il Sunday Times ha pubblicato anche quest’anno la lista dei super-ricchi britannici: ignari della crisi, anzi forse grazie alla crisi, come potrebbero pensare i più cinici, hanno continuato ad ammassare miliardi su miliardi con un ritmo sconcertante. Quest’anno, i primi mille valgono 542 miliardi di sterline, pari a 825 miliardi di dollari al cambio di oggi, l’equivalente del Prodotto nazionale della Turchia (814 miliardi) e poco meno di quello dell’Olanda (880 miliardi). La loro ricchezza è cresciuta del 5,4% rispetto allo scorso anno e del 112% dal 2009, anno in cui il crack finanziario ha iniziato a mordere in tutto il mondo. Non bisogna essere dei geni per capire come continui ad aumentare la divaricazione tra ricchi e le classi medie e medio alte, dato che per restare nel solo ambito europeo, a parte la Germania, il Pil dei maggiori Paesi del continente ha da poco superato in valore assoluto il livello in cui si trovava prima della crisi. In cima alla lista dei super-ricchi troneggia con 13,2 miliardi di sterline (20 miliardi di dollari) Lev Blavatnik, paperone russo residente britannico, cittadino americano di origine ukraina, con interessi nella finanza, musica (Warner Music) e media. Il Sunday Times ha calcolato che, con il salario inglese medio annuo di 25mila sterline lorde, ci vorrebbero 526.800 anni per raggiungere il grande Lev, sempre che decida di stare fermo dove è. Il che resta da provare.
Per dare un’idea dell’accelerazione del benessere dei super-ricchi, basti pensare che nel non troppo lontano 1997 per entrare nella graduatoria dei magnifici mille redatta dal settimanale inglese “bastavano” 15 milioni di sterline (22 milioni di dollari). Oggi ci vogliono 100 milioni, 7 volte tanto. Chi una volta veniva definito ricco con una decina di milioni di sterline oggi non conta più nulla. Ne sa qualcosa la regina Elisabetta, che una volta passava per essere la donna più ricca del Paese e che oggi non riesce a farcela neppure nei top 300, piazzandosi al 302 posto con 340 milioni di sterline (510 milioni di dollari). Si può sempre discutere dei beni di Stato che la Regina ha a disposizione, comprese collezioni inestimabili. Ma se mai un giorno dovesse lasciare il Paese sull’onda di una rivolta repubblicana, il suo capitale di famiglia sarebbe appunto molto più modesto.
I primi 117 turbo-ricchi che superano il miliardo di sterline totalizzano oggi 325 miliardi, con un aumento del 172% sul 2009. A riprova che, più ricchezze si possiedono, e più è facile moltiplicarle. Dei magnifici 117, ben 80 abitano a Londra. Londra totalizza super-ricchi con una fortuna complessiva di 258 miliardi di sterline, battendo New York (252 miliardi) e consacrandosi ancora una volta la vera Paperopoli mondiale. In generale, il totale dei primi mille britannici oscura di oltre 10 volte i più ricchi di Germania, Francia e Svizzera. E la piccola Gran Bretagna è superata solo da USA e Cina, che hanno ovviamente un retroterra nazionale assai più popoloso e ricco di risorse. Motivo di tanto successo britannico, l’esser riusciti a intercettare le grandi ricchezze del mondo, cogliendo la crema del processo di globalizzazione al cui centro Londra si è piantata come una galassia virtuale.
I ricconi sono peraltro sempre più stranieri e marginalizzano gli inglesi in casa loro. Blatavnik è seguito di un’incollatura dai fratelli indiani Sri e Gopi Hinduja (13 miliardi) e dalla famiglia Weston (11 miliardi) fino a scendere per i rami e incontrare al nono posto quello che fino ad alcuni anni fa era il numero uno incontrastato: il Duca di Westminster che, con 9 miliardi precede il secondo connazionale, il conte di Cadogan, con 4,8 miliardi situato al 18esimo. Ma i loro soldi vanno in sintonia con il settore immobiliare in cui operano, che sale in virtù degli acquisti di proprietà dei ricconi stranieri. I veri ricchi inglesi che hanno fatto soldi grazie ad attività proprie si trovano più in basso, come Richard Branson del gruppo Virgin al 20esimo (4,1 miliardi) James Dyson, re degli elettrodomestici (22esimo con 3,5 miliardi) o Bernie Ecclestone (Formula 1, con 3 miliardi, 24 esimo). Gli inglesi diventano marginalizzati, dato che pesano per metà dei magnifici 117 e a mano che procede il processo di internazionalizzazione, sono destinati a contare sempre meno.
Le graduatorie come quella che stiamo illustrando lasciano il tempo che trovano. Innanzitutto molti super ricchi non appaiono perché riescono a stare fuori dal radar. Altri hanno doppie nazionalità. Molti hanno il loro patrimonio in trusts, difficile da calcolare. Tutti sono sempre più immateriali e passano il loro tempo da un posto all’altro e in gran parte dei casi definirli radicati, anche se formalmente residenti in Gran Bretagna, è una forzatura. Ma, per tirare le somme, eccoci qua: non so se i poveri diventino sempre più poveri, ma certamente, pur stando fermi, lo diventano in modo relativo, dato che i ricchi diventano sempre più ricchi e i super-ricchi ancora di più, tanto da fare impallidire quelli che una volta pensavano che avere una Ferrari e una casa al centro di Londra e pure una barca da qualche parte bastasse per definirsi ricchi. Costoro, oggi, specialmente nella capitale, sono solo parte di una legione di decine di migliaia di benestanti.