Le banche inglesi versano in pessime condizioni. Royal Bank of Scotland ha perso 28 miliardi di sterline, il peggiore risultato della storia di una società britannica. Il tracollo ha spinto il Governo ad aumentare al 70% la partecipazione nel capitale della banca che, ancora un anno fa, pareva la regina d'Europa. Lloyd's Bank e Hbos hanno tirato dritto tra mille polemiche nella loro fusione, che ha creato una banca con una forte quota di mercato nei mutui ipotecari ma allo stesso tempo ha creato un baraccone controllato dal Governo e con dubbie sinergie, tenuto in piedi dai depositi di Lloyds per tamponare l'esposizione di Hbos al mercato immobiliare.
Quanto a Barclays la banca è finita sotto le docce scozzesi: dopo avere perso il 40% la scorsa settimana, lunedì ha messo a segno un rimbalzo dell'80% a riprova del nervosismo che regna sul mercato.Con una capitalizzazione di mercato da 7,4 miliardi di sterline lunedì 19 gennaio Barclays ha chiuso la settimana scorsa con una valutazione di 4,3 miliardi. La voce ricorrente è che, malgrado i ripetuti tentativi di arginare la situazione, il Ceo del terzo istituto di credito britannico, John Varley, sarà costretto ad alzare bandiera bianca e a permettere a propria volta un ingresso dello Stato nel capitale. Varley e i vertici di Barclays, che saranno tra i pochi banchieri che potranno permettersi il lusso di ospitare un party al summit di Davos, sono riusciti a convincere il mercato che la situazione è sotto controllo: "basteranno" 8 miliardi di sterline di accantonamenti a fronte di crediti tossici ha assicurato, mentre gli utili 2008 saranno abbondantemente superiori ai 5,3 miliardi previsti dagli analisti. La stessa garanzia data il venerdì 17 non aveva convinto i mercati. Ora in un clima di crescente schizofrenia le garanzie sono prese per buone. Ma il sospetto regna e vari analisti temono che prima o poi anche Barclays dovrà alzare bandiera bianca e arrendersi ai capitali pubblici. Se così avvenisse, le uniche a restare fuori dalla morsa dello Stato saranno il colosso Hsbc e la Standard Chartered, perchè esposte in modo molto più blando al mercato britannico. Il risultato, comunque, è che i grandi gruppi bancari sono diventati dei moscerini in termini di capitalizzazione di Borsa: Rbs, Lloyds e Barclays hanno oggi una taglia ridotta tra il 50 e il 60% rispetto al 13 ottobre scorso, quando prese forma il primo piano di salvataggio, con l'ingresso dello Stato nelle banche. La decisione lunedì 19 di lanciare un piano di assicurazione degli strumenti tossici, unita all'annuncio delle perdite di Rbs, ha però reso il mercato sempre più pessimista. Dato il peso sull'economia britannica che hanno esercitato finora le banche, il forte ridimensionamento che queste hanno subito ha spinto già molti a intonare il de profundis per tutta l'economia britannica. Peraltro la grande questione di fondo è che la riuscita del piano di assicurazione dipende dalla capacità di contabilizzare adeguatamente strumenti "tossici" come i Cds (credit default swaps) e dato che nessuno sa ancora quale è il valore reale di questi strumenti tossici è difficile valutare quanto dovrà scucire il Governo a spese del contribuente per creare una "bad bank" che estragga una volta per tutte il veleno dai conti dei grandi istituti. I pessimisti parlano addirittura di 500 miliardi di sterline che vanno aggiunti ai 500 miliardi del primo piano. Ma a questo punto, si domandano in molti, dato l'enorme sforzo richiesto ai contribuenti non vale la pena nazionalizzare del tutto gli istituti di credito? I dubbi sulla competenza di Brown, svanita l'euforia del primo salvataggio bancario di ottobre, tornano a crescere, mentre di pari cala la popolarità del Governo laburista nei sondaggi . Insomma le banche in Gran Bretagna stanno diventando il problema dei problemi. Dalle loro condizioni dipenderà l'andamento generale dell'economia del Paese. Quanto alla politica, ormai per Brown le cose si stanno mettendo male e pare assai difficile che possa sopravvivere alle elezioni politiche del prossimo anno.