Il matrimonio del principe William, secondo in linea di successione al trono del Regno Unito, e la "signorina" Kate Middleton, ripete nel Regno Unito un rito circolare e millenario interrotto solo per qualche anno dalla repubblica di Cromwell. Un rito rassicurante, ma allo stesso tempo un affare da prendere estremamente sul serio. E' un affare serio innanzitutto perchè rappresenta il massimo sul piano mediatico, dato che sarà seguito in Tv nel mondo da circa 2 miliardi di persone convinte di vedersi una bella fiaba. La pompa e la cerimonialità, i cortei, le marce, la Messa davanti ai potenti della Terra a Westminster Abbey e i ricevimenti reali che seguiranno, confermano che "The Firm" ossia "la ditta", come viene chiamata la famiglia reale inglese, è un articolo immaginario che vende ancora benissimo. In un mondo vaporizzato in blog, siti di informazione, parcellizzato in notizie in tempo reale su fatti e persone destinati a un'attenzione della durata del tempo in cui una mosca si posa su un filo d'erba, la saga dei reali inglesi è un'onda lunga che tutti ha lambito negli anni, rendendo l'evento di domani una storia condivisa come un affare di casa propria. C'è poi un secondo elemento di sostanza su cui riflettere: il senso che ha una monarchia al giorno d'oggi.
Non è un affare da poco, considerando il sangue versato nei due secoli scorsi in molti Paesi per liberarsi dal giogo di quelle che venivano considerate le tirannidi, attorniate da corti di parassiti con privilegi inaccettabili. Bene, oggi, in quasi tutti i Paesi nordeuropei (Danimarca, Svezia, Norvegia, Olanda) oltre alla Spagna e, ovviamente, al Regno Unito, le monarchie non sfigurano affatto al confronto delle Repubbliche. Se è vero che la genetica, con il rischio che a un Re genio e saggio succeda uno idiota e capriccioso, non è il migliore strumento per garantirsi una classe dirigente di qualità, nelle monarchie costituzionali di oggi con poteri fondamentalmente cerimoniali, un capo dello Stato non eletto che si comporta in modo dignitoso e rappresenta l'unità della nazione è migliore garanzia, secondo molti, rispetto a un presidente. Il meccanismo di seduzione elettorale o il mercato delle vacche per una nomina in via parlamentare rendono un presidente, secondo i difensori della monarchia, persona meno dignitosa e più ricattabile perchè sostituibile. Il re diventa l'ultimo arbitro, l'ultimo argine contro la corruzione materiale e dei costumi. Ovviamente molto dipende dal re e dalla monarchia, come molto dipende dalla qualità dei presidenti e dal tipo di repubbliche.
E su questo fronte è interessante rilevare come da un sondaggio volante fatto da rivista ultra intellettuale come Prospect tra monarchici, anarchici, menefreghisti, intellettuali e celebrità, sia emerso che nessuno sente l'urgenza di cambiare l'istituzione, almeno finchè Elisabetta regna. Ultraprofessionale, decorosa, prudente, controllata e senza dubbio intelligente, Elisabetta incarna oggi l'esempio ideale di come una monarchia (ovviamente costituzionale) possa avere vantaggi importanti su una Repubblica laddove questa non desse garanzie di buon funzionamento. Il problema è il dopo. Gran parte dei giovani se ne infischiano della Corona (forse perchè finora ha servito bene) dato che, in un mondo informale, casuale, efficientista e pratico dove si bada a tagliare i costi, essa è un'istituzione anacronistica. Se Carlo, primo in linea di successione, o il figlio William, una volta ascesi al trono, si mostrassero minimamente inadeguati al loro ruolo, nel Regno Unito si aprirebbe rapidamente un dibattito per eliminarli o ridimensionarli fortemente. Al contrario dei Paesi nordici, con i famosi monarchi in bicicletta, la monarchia britannica è infatti ancora "pesante" con molti costi e privilegi che la gente accetta finchè a rappresentarla è la Regina. In fondo si tratta di un affare economico, dove conta il ritorno sul capitale investito: la monarchia, oggi, nel Regno Unito, come proveranno domani le nozze di Will e Kate, è un ottimo business. Per questo non può permettersi di trasformarsi in un brutto affare a causa di un re inetto. La ghigliottina mediatica scatterebbe implacabile e per la casa di Hanover-Windsor, se non la fine, sarebbe l'inizio di un rapido percorso che la porterebbe all'irrilevanza.