Con questo detto solenne, parafrasato dal motto della monarchia, il politologo Timothy Garton Ash ha brillantemente sintetizzato su The Guardian di oggi il senso del discorso di Obama ieri davanti al Parlamento britannico. Il succo è questo: l'Occidente continuerà a guidare il mondo perchè l'economia globale si fonda e prospera solo sui valori occidentali che i due grandi Paesi Anglosassoni, Usa e Regno Unito, hanno incarnato al meglio e difeso allo stremo in due sanguinose guerre. I Paesi emergenti stanno mettendo le marce alte rischiando di seppellirci? Niente paura, ha detto Obama: finchè la loro ricchezza porterà prosperità a tutti e finchè l'Occidente continuerà a dettare i valori fondanti di questa democrazia di mercato sarà l'Ovest a dettare l'agenda.
Per quanto un poco retorico e consolatorio, in un momento in cui all'Ovest la gente è depressa sia moralmente sia materialmente, il ragionamento di Obama contiene delle verità. La prima è che la rivoluzione industriale ha posto leproprie basi culturali sulla rivoluzione scientifica dell'Occidente a fine 1700, quando Cina e mondo islamico dormivano un sonno profondo. Ora che i Paesi emergenti stanno galoppando sulla groppa di quel modello, in virtù di un costo del lavoro basso e trasferimenti importanti di tecnologie, l'Occidente, forte del proprio livello di sofisticazione democratica e sociale, può permettersi di fare un nuovo balzo, dettando legge nelle tecnologie di informazione. I progressi degli ultimi dieci anni di società come Apple, Microsoft e Google, oltre ai colossi della telefonia e ai network sociali (per quanto assai sopravvalutati) come Facebook, Linkedin e Twitter potrebbero portarci verso nuove frontiere. Cina e India, che stanno crescendo a ritmi frenetici secondo il vecchio modello collaudato, potrebbero trovarsi a un certo punto a imballarsi per mancanza appunto di sofisticazione sociale, cultura, trasparenza e democrazia, tutti ingredienti che esistono nel selezionato club di Happy Few Occidentali. In un'interessante analisi su ReutersBreakingviews il direttore della famosa column della City, Hugo Dixon, elenca tutti i motivi per cui a suo avviso il meglio del boom cinese è ormai alle spalle. La crescita, dal 10% nello scorso ventennio, difficilmente passerà il 7% nel prossimo decennio: senza consumi interni la crescita si arenerà perchè il resto del mondo non potrà più assorbire export cinese, la corruzione in numerose pieghe del capitalismo di Stato non aiuta, l'assenza di libertà di pensiero, o almeno la forte costrizione, è nemica della nuova rivoluzione della società dell'informazione, i salari dovranno salire, come pure lo Yuan dovrà rivalutarsi e il settore immobiliare dovrà sgonfiare rapidamente la bolla dei prezzi delle città prima che scoppi con fragore colpendo malamente tutta l'economia. La politica del regime di un figlio per famiglia sta accelerando a vista d'occhio l'invecchiamento della popolazione e oggi il 13% dei cinesi (170 milioni di persone, pari a tutta la popolazione del Pakistan) è composta da ultrasessantenni. Insomma, il boom cinese non sarà eterno e sta andando incontro a una crisi di adattamento. E l'Occidente non è così malconcio quanto sembra a patto che proceda sulla strada dell'innovazione e della trasparenza. Due ingredienti, questi ultimi, che in Italia scarseggiano e spiegano forse perchè il nostro Paese cresce meno di tutto l'Occidente, adagiato ancora in buona parte su un vecchio modello industriale, per quanto abbia fatto miracoli di innovazione di processo. Serve più ricerca e più alfabetizzazione informatica in una società che srà sempre più permeata dalla rivoluzione digitale.