Il partito di Governo dilaniato sul futuro della frontiera tra Nordirlanda e Irlanda, il Parlamento scozzese che boccia la bozza di legge per il ritiro dall’Unione, il leader laburista Corbyn che, pur dicendosi a favore di una unione doganale, boccia l’ipotesi di un accordo “alla norvegese” o la continua adesione allo Spazio Economico Europeo come proposta da un emendamento della Camera dei Lord. Il premier Theresa May che bacchetta il capofila dei brexiter Jacob Rees Mogg, chiama a raccolta a Downing Street tutti i suoi 214 parlamentari per discutere il da farsi ma non ne esce una proposta. Una cacofonia di idee e un’assenza di direzione così marcata sta rendendo sempre più patetica la scena politica britannica.
Agli occhi del capo negoziatore europeo Michel Barnier la situazione deve essere peraltro imbarazzante perché tanta confusione mentale non lo mette in condizione di avere un interlocutore politico. I Tory stanno ormai sbattendo contro il muro della realtà. Gran parte di loro ha capito che se il Paese esce completamente dalla UE i rischi economici diventano grandi. Dunque propongono una formula per restare in una unione doganale. I brexiter puri e duri, sedicenti vestali e custodi del referendum popolare del 23 giugno 2016, gridano al tradimento, con il rischio che Londra esca solo nominalmente dalla UE e poi si trovi costretta a seguire le sue regole senza più poter partecipare alla loro definizione. Un tema che tutti sapevamo fin dall’inizio. Per questo per i remainer era meglio che Londra rimanesse nell’Unione. I brexiter per coerenza chiedono dunque un taglio netto con la Ue, costi quel che costi. Ma la prospettiva di una frontiera tra le due Irlande sta facendo salire la tensione, con il rischio che nella regione tornino pericolose divisioni. Intanto gli scozzesi mandano a dire con un voto 93 a 30 nel loro parlamento nazionale che la legge sulla Brexit così non va e che non hanno alcuna intenzione di ridurre l’autonomia raggiunta faticosamente da 10 anni. Westminster in teoria potrebbe in caso di conflitto tra i due parlamenti, costringerli ad adeguarsi. Ma il rischio di una secessione diventerebbe allora concreto.
Si continua a girare in tondo come al gioco dell’oca. Il vertice UE di giugno si avvicina e da questa parte del canale la nebbia è fitta