Nella società à la carte in cui viviamo, in cui si va a caccia di ogni opportunità possibile e immaginabile, il tema del doppio passaporto non poteva mancare all’appello. < Oggigiorno, nello stato di incertezza in cui ci troviamo, mi pare indispensabile possedere almeno un paio di passaporti > sillabava perentoria una distinta signora a un’amica, nel bar di un grande albergo londinese in cui mi trovavo seduto in attesa di un incontro di lavoro. Già, quale migliore assicurazione sulla vita se non un doppio passaporto che permette di evitare di rimanere invischiati in un Paese che va a rotoli? Nell’era della globalizzazione e della iper-mobilità, in cui ci si muove tra un Paese e l’altro per lavoro e per vacanza, perché non cogliere a pieno ogni possibile opportunità?
L’arrivo della Brexit ha d’altronde dato la stura a questo fenomeno, con migliaia di europei che, a differenza della signora snob e cosmopolita di cui parlavo, hanno iniziato a fare richiesta di un passaporto britannico per garantirsi il lavoro che hanno ottenuto con tanta fatica. A dire il vero, esiste la soluzione intermedia della permanent residence, ma molti, che risiedono da anni e hanno radici profonde nel Paese, preferiscono giocare sul sicuro. Certo, non c’è molto tempo per agire, dal momento che, per ora, un cittadino europeo può fare richiesta a condizioni assai probabilmente più agevolate di un futuro post-Brexit, in cui Londra potrebbe rendere molto più difficile l’erogazione della cittadinanza agli europei, trattandoli alla stregua di qualsiasi extra-comunitario.
Chi in questa storia rischia di rimetterci maggiormente sono i poveri expat britannici che, dopo la Brexit, rischiano di trovarsi in condizione di attraversare un campo minato ogni volta che si muovono per l’Europa, dato che la residenza nel Paese europeo in cui si trovano non garantirebbe loro automaticamente la libera circolazione in altri Paesi limitrofi. La soluzione? Farsi un bel passaporto del Paese ospitante ed europeizzarsi, per potere in questo modo circolare liberamente nella UE. Non è un caso che dall’inizio dell’anno a fine giugno le richieste di cittadinanza irlandese da parte dei cittadini britannici sono aumentate del 50% a 100mila, rispetto alle 66mila dell’anno precedente. il 2016 era ancora pre-Brexit, ma le richieste erano già più alte del solito, perché si era “in odore” di Brexit e i più cauti volevano premunirsi. Non è un caso che, sempre nel 2016, le richieste di passaporti tedeschi sono salite a quasi 2900, in aumento del 361% sull’anno precedente e in Francia a quasi 1400, in aumento del 264%. Poca roba, ma impensabile fino a mesi fa che un inglese chiedesse la nazionalità di due nazioni con cui ha avuto rapporti assai tormentati nella storia, dalle guerre napoleoniche al nazismo… Forza della disperazione, oltre che, più probabilmente, ascendenze familiari con i due Paesi. La scelta irlandese è stata ovviamente la più facile anche perché in un modo o nell’altro circa 6milioni di cittadini britannici possono reclamare ascendenza gaelica.
Per quanto ci troviamo in un mondo sempre più à la carte, va detto che ancora oggi ci vogliono buone ragioni per ottenere il passaporto di un altro Paese. Ma è un fatto che l’esercito dei potenziali candidati si è moltiplicato in virtù della globalizzazione e che, se tutti i papabili si muovessero all’unisono nella richiesta di diversi lasciapassare, i Paesi oggetto di richieste potrebbero trovarsi davanti a pressioni molto forti sulla loro burocrazia. La beffa comunque è che un forte numero di persone si trova in condizione di aggirare le nuove chiusure nazionalistiche, il che va visto come un fatto positivo.
Viviamo però anche nel mondo dell’effetto gregge, quello che ha causato le varie bolle, da internet alla finanza, delle mode pecorone e delle reazioni virali. Per cui non mi sorprenderebbe se davanti a un’accelerazione del fenomeno, alcuni Paesi corressero ai ripari. Mark Rutte, premier olandese, lo ha peraltro già messo in chiaro ai propri connazionali alcuni giorni fa: se prendete il passaporto britannico scordatevi quello olandese. Il che significa espulsione coatta dalla UE. L’Austria pare già sulla stessa linea d’onda. Altri potrebbero seguire…