Sempre più cosmopolita, Londra è in fuga dal resto del Paese. Gli ultimi dati dell’Ufficio di Statistica (ONS) ci dicono infatti che 3 su 4 dei bambini nati lo scorso anno (129.600) nella capitale avevano uno o entrambi i genitori nati all’estero. Del totale delle madri, in particolare, il 58% era nato fuori dal Regno Unito, in netto aumento sul 43% del 2007 e comunque della media del 21% del resto di Inghilterra e Galles.
Ormai Londra è diventata distintamente “altro” rispetto al Regno Unito. Non si può però dire che sia oggi un luogo dove l’identità britannica sia stata snaturata. Al contrario, i contorni dell’identità britannica sono rimasti chiari, ma si sono integrati in un carattere che tutto assorbe e che può essere definito come coabitazione delle diversità. Molto di più di una semplice tolleranza che implica una maggioranza che convive con una minoranza, ma ancora lontano da una vera fusione delle diversità (le coppie etnicamente miste sono ancora una forte minoranza anche se in netto aumento tra i giovani), il modello londinese fa da battistrada al resto del mondo e, tanto più, del proprio Paese. Secondo alcuni entusiasti come Richard Brown, direttore del think-tank Centre for London, il crogiolo della capitale rappresenta l’avanguardia di quello che sarà un giorno il resto del Regno Unito.
E’ un fatto pero che la Brexit, votata in massima parte proprio nelle regioni e nelle città britanniche dove ci sono meno stranieri, pare avere segnato una forte battuta d’arresto a questo processo, con una crescente xenofobia non solo nei confronti degli extracomunitari, ma degli stessi cugini europei. Chi teme la possibilità di arrivo di stranieri insomma, alza molte più barricate rispetto a chi gli stranieri li ha in casa come la capitale. Al punto che a Londra il 60% ha votato per rimanere nella UE con una punta del 79% nel comune di Lambeth, record dell’intero Paese.
Da notare, peraltro che, se è vero che sono le fasce più povere del Paese che hanno votato per la Brexit perché si sentivano più minacciate dall’afflusso di mano d’opera europea poco qualificata, il fenomeno non si è verificato nella capitale. Lambeth infatti non è certo un quartiere ricco di Londra. Inoltre, la forte presenza di stranieri non è prerogativa dei ricchi né dei poveri. Infatti, se nel primo caso ben l’83% dei bimbi nati nell’opulenta Kensington e Chelsea aveva i genitori di origine straniera, l’86% era nato a Newham, uno dei comuni più poveri della capitale e dell’intero Paese.
Londra non solo non teme gli stranieri, ma li considera, esperienza alla mano, un fattore di arricchimento. Tony Travers della London School of Economics, massimo esperto della capitale, rileva infatti come negli ultimi 20 anni il livello medio della scuole di Londra sia fortemente cresciuto qualitativamente.
Per concludere, Londra è diventata il laboratorio dove, al di là del rango sociale, dell’etnia e della religione, la gente si integra e si cerca per godere dei benefici che porta la diversità. Una città di stranieri per gli stranieri contenuta in un forte stampo britannico. Il suo successo può però diventare anche la sua condanna se invece di fare da battistrada al resto del Paese continuerà una fuga solitaria che rischia di farla percepire come un corpo estraneo.