L’esodo di italiani in Gran Bretagna non solo non dà segnali di rallentamento, ma si sta rivelando sempre più un’emorragia delle forze migliori del nostro Paese. Giovani, laureati o diplomati e in massima parte dal Nord d’Italia, continuano a giungere a ondate sui lidi britannici in cerca di una vita migliore con una dinamica che non si vedeva da decenni. Il trend della fuga degli italiani all’estero è un fenomeno generale e riguarda molte nazioni europee come Germania, Francia e Svizzera, oltre agli Stati Uniti, ma il Paese che di gran lunga ha assorbito negli ultimi anni la massima parte dei nostri emigrati è il Regno Unito, complice un mercato del lavoro flessibile, una lingua ormai conosciuta dalla massima parte dei giovani e la possibilità per alcuni di utilizzare Londra come una base per esplorare ulteriori possibilità internazionali.
L’esodo di questi ultimi anni è stato così massiccio che, in base al numero di iscritti all’Aire, il registro degli italiani residenti all’estero, il Consolato italiano a Londra è diventato di gran lunga il primo d’Europa, con 234.082 iscritti, secondo gli ultimi dati di metà dicembre, seguito a distanza da Zurigo con 198mila iscritti. Del totale degli iscritti di Londra, oltre 32mila, pari al 15%, si sono aggiunti negli ultimi due anni. Prima al mondo resta sempre la sede di Buenos Aires, con circa 285mila iscritti. Bisogna però tenere presente l’aspetto dinamico della nostra emigrazione. In Argentina, infatti, la crescita è inerziale, causata dalle nascite di una popolazione stanziale di vecchia emigrazione, mentre nel Regno Unito sono forze fresche e qualificate che continuano a giungere a ondate. I dati di iscrizione all’Aire sono certi, ma costituiscono una rappresentazione assai conservativa, dato che si stima che meno di una persona su due residente nel Regno Unito non si iscrive al registro Aire e il nostro stesso Consolato stima il totale di Italiani residenti in Inghilterra e Galles (ossia dipendenti dalla sede di Londra) in oltre 500mila. Una cifra enorme, a cui si aggiungono altre 50mila che vivono tra Scozia e Irlanda del Nord. A giudicare da questa stima, ormai l’1% della popolazione residente nelle isole britanniche è di origine Italiana. Ciò che è ancora più impressionante è il dato riguardante la capitale: secondo i dati dell’Aire, gli Italiani residenti a Londra sono oltre 120mila. Il che si traduce, secondo le stime applicate al resto del Paese, in circa 250mila persone, pari al 3% della popolazione della capitale britannica. In altre parole, oggi un italiano su due residente nel Regno Unito vive a Londra per una cifra complessiva equivalente al totale di quanti vivono nel comune di Verona (260mila abitanti secondo le ultime statistiche disponibili).
Fin qui i dati assoluti. Dati che rendono anche conto di una forte crescita delle iscrizioni all’Aire nell’ultimo triennio, con circa 11mila (10.924 per l’esattezza) nel 2012, 17mila (16.969) nel 2013 e 16mila (15.574). In altre parole, a giudicare dai dati dell’Aire, sul totale degli italiani emigrati in Inghilterra e Galles da sempre (circa 234mila) quasi il 20% (44mila) è giunto negli ultimi 3 anni, al ritmo di 1.200 persone al mese. Ma i dati dell’Aire, come dicevamo, sono conservativi e a supportare la massiccia dimensione dell’esodo degli Italiani in Inghilterra e Galles giungono infatti le statistiche ben più significative degli iscritti alla National Insurance, la previdenza obbligatoria a cui deve registrarasi chiunque intraprenda un lavoro, sia dipendente sia con partita Iva, soggetto a tassazione. Ebbene, in base ai dati della National Insurance, gli iscritti nel 2014 sono oltre 45mila rispetto ai 39mila dello stesso periodo del 2013, con un aumento del 16%. Per quanto non siamo riusciti a ottenere dati antecedenti al 2013, le cifre dell’ultimo biennio sono impressionanti: ben 84mila italiani hanno infatti ottenuto un lavoro in Gran Bretagna (ex Scozia) nel giro di un biennio. Cio’ lascia intravvedere una massa di persone assai superiore a quella che emerge dai dati dell’Aire (33mila) dello stesso periodo. In termini relativi, peraltro, i 45mila italiani del 2014 sono terzi a parimerito con gli Spagnoli nell’iscrizione alla previdenza britannica, dietro ai polacchi (95mila) e ai romeni (103mila).
Il fatto più impressionante però sta nella tipologia della nostra emigrazione. Scorrendo i dati del Consolato, l’aspetto più allarmante che balza all’occhio è l’elevato livello culturale dei nostri connazionali. Una vera fuga di cervelli. Se contiamo infatti laureati, post laureati e diplomati, questi costituiscono ben l’89% degli iscritti all’Aire nel 2014. Soltanto l’11% ha il titolo della sola scuola dell’obbligo. Il che vuole dire che chi ha lasciato l’Italia negli ultimi anni dispone di un titolo di studio superiore. Non solo: contrariamente agli anni del dopoguerra, fino a tutta la fine degli anni ’60, i nostri emigrati degli anni recenti non sono più disoccupati del Sud alla ricerca disperata di un lavoro, ma in gran parte giovani del Nord (52% del totale) in cerca di emancipazione professionale, tramite un lavoro più consono alle qualifiche accademiche che il mercato del lavoro italiano evidentemente non può loro offrire. Inoltre, degli iscritti nel 2014 ben il 74% è sotto i 34 anni di età, il che vuole dire che se ne stanno andando le nostre forze migliori. A cui si aggiunge il dato, a mio avviso altrettanto preoccupante, di quel 20% di età compresa tra i 35 e 49 anni che è arrivato lo scorso anno e che probabilmente ha lasciato l’Italia spinto dalla forza della disperazione. Quando si raggiunge la mezza età, infatti, normalmente ci si trova in una situazione lavorativa stabilizzata e difficilmente si anela al cambiamento. Partire dal proprio Paese a quell’età significa avere messo alle spalle ogni speranza di cambiamento. Infine, per quanto il dato sia di difficile interpretazione, dato che oggi esistono nuclei famigliari misti, ossia con marito e/o moglie originari di altri Paesi, dai dati di quest’anno emerge che quasi un quarto (24%, pari a 3681) dei nostri emigrati in Gran Bretagna nel 2014 è di origine straniera. Il che significa che migliaia di residenti in Italia di origine straniera, (in maggior parte nigeriani, indiani e bengalesi) siano essi qualificati o nelle fasce basse del mercato del lavoro, hanno deciso di lasciare un Paese che non considerano più attrattivo dato che non offre loro più sufficienti possibilità di miglioramento economico. Con buona pace di chi teme che l’Italia sia destinata a essere invasa da orde di extracomunitari..
Ultimo preoccupante dato che emerge dalle statistiche consolari è la capillarità e estensione geografica del nostro esodo. A svuotarsi non sono tanto le grandi città italiane, quanto i tantissimi piccoli comuni sparsi qua e là lungo lo stivale da dove la gente decide di fare il salto completo, per tentare la fortuna direttamente a Londra, la maggiore città europea, senza passare per una grande città italiana, evidentemente considerata non più in grado di soddisfare le aspettative dei nostri giovani.