E’ possibile gestire un giornale all’antica e avere successo nel mondo spietato di internet? E’ possibile essere pedanti, intransigenti e un po’ ideologici e avere un pubblico di decine di milioni di lettori? E’ possibile, anzi possibilissimo, anzi vero. E’ capitato ad Alan Rusbridger, il direttore di The Guardian, l’austero quotidiano di sinistra britannico, che all’età 61 anni e dopo 20 anni al timone del giornale ha deciso di lasciare la direzione. Una partenza da surfista, assolutamente sulla cresta dell’onda. Dopo avere preso in consegna nel 1995 un giornale che tirava poco più di 200mila copie e praticamente non sapeva cosa fosse la versione internet, Rusbridger lascia infatti oggi un giornale multimediale lettissimo e ammiratissimo con un sito web che in ottobre ha registrato oltre 111milioni di visitatori unici. Una cifra da capogiro, invidia di tutti i giornali del mondo.
A contribuire al successo di The Guardian è stata innanzitutto una serie di scoops transatlantici, che hanno coinvolto gli USA e dunque aumentato esponenzialmente il parco dei lettori di lingua inglese. Tutti ricorderanno la saga di Julian Assange e dei famosi Wikileaks sulle attività dei servizi segreti USA e di altri Paesi occidentali, diffusi dal giornale britannico e poi esposti da tutti i media del mondo. Al punto di essere poi tradotti in un film, The Fifth Estate, in cui Rusberidger e’ interpretato dal bravo attore inglese di origine italiana, Peter Capaldi. A cui si aggiungono nuovamente i dossier di Edgar Snowden sulle attività di spionaggio della NSA americana che sono valsi il premio Pulitzer al giornale. Oltre a una raffica di scandali di ogni genere esposti nel Regno Unito e culminati con le intercettazioni telefoniche di massa esercitate dai giornali del gruppo Murdoch a cui sono seguite condanne esemplari. Un esercizio doloroso, a cui ha partecipato peraltro in prima linea anche The Daily Telegraph, dato che raramente i giornali si azzannano tra loro. Ma la posta in gioco era alta dato che toccava due tasti fondamentali dell’etica giornalistica: procurarsi notizie illegalmente con le intercettazioni barando alle regole del gioco per battere la concorrenza e compiere un secondo atto illegale corrompendo la polizia per accedere alle fonti d’informazione.
Insomma, Rusbridger di acque ne ha agitate. I vent’anni passati seduto su una poltrona prestigiosa non sono serviti per nulla a rilassarsi. Al contrario, il suo è stato un crescendo inarrestabile, sia sul piano della sostanza con un giornalismo sempre più aggressivo sia della forma di comunicazione, dato il successo straordinario del web del giornale, che è uno dei pochi in utile nel mondo dei media. Un giornale tutto sommato di media taglia, con le spalle finanziariamente tutt’altro che larghe, ha fatto parlare di sé come nessun altro. Rusbridger ora si ritira dalla prima linea del giornalismo, ma andrà a dirigere lo Scott Trust, la fondazione che garantisce l’indipendenza della testata. Prendendo il posto di Liz Frogan e, prima ancora, dell’indimenticabile Hugo Young, che ho avuto il privilegio di conoscere e di cui serbo una profonda stima, sia come intellettuale sia come gestore di un’istituzione molto rispettata. Una tradizione radicata, quella dei presidenti del Trust, come pure quella di tenere in sella i direttori per lunghi anni, al punto che, nella lunga vita del giornale, dal lontano 1821, ce ne sono stati solo 10, tanti quasi quanti i rappresentanti di dinastie reali.
Forse sta proprio nello Scott Trust il segreto di The Guardian. Un istituto che ha permesso alla testata piena autonomia, e in virtù di questa, un giornalismo investigativo che gli ha permesso il successo editoriale. Un’istituzione che, fondata nel 1936, ha come scopo quello di permettere al gruppo editoriale di “vivere in perpetuità” . Il sogno in fondo di ogni giornalista quello di avere comunque un sostegno finanziario che gli permette di tenere la schiena dritta e non dovere dipendere dal settore pubblicitario. Eppure nulla e’ infinito. E con l’avvento di internet il Guardian, malgrado il successo del suo website ha continuato a perdere soldi. Ma da un paio d’anni il trend si è invertito e i volumi di lettori iniziano a rendere. Le vendite sono infatti aumentate lo scorso anno del 6% a 206 milioni di sterline (260 milioni di euro). A cui si va ad aggiungere il colpaccio della vendita di Auto Trader, il sito online di vendita di auto nuove e usate che si dice abbia reso al Trust un miliardo di sterline. Quanto basata a guardare al futuro, se non in perpetuità, con una certa serenità.