Il termine 24/7, ossia, decodificando, 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, è forse oggi uno dei più abusati al mondo per definire un’attività economica a ciclo continuo. Fino a 20 anni fa la definizione era ristretta agli ospedali, ai pompieri e alle forze dell’ordine, ossia a quanto di più lontano c’è da un lavoro a scopo di lucro. Oggi questo fenomeno sta avanzando a macchia d’olio in tutti i settori della vita economica, divorando inesorabilmente le ore della notte fino a cancellare la biblica distinzione tra luce e buio della Genesi.
Cadute le barriere religiose, che imponevano un giorno alla settimana da dedicare al Signore (venerdì per i musulmani, sabato per gli ebrei e domenica per i cristiani) e quelle sindacali, a causa della frammentazione dell’attività produttiva, oltre all’abolizione tra lavoro e vita privata che ci impongono gli smartphone, la 24 hours society, descritta mirabilmente nel libro ormai antico (1999) di Leon Krietzman, sta invadendo sempre più la nostra vita. Il mondo si sta chiaramente dividendo tra centri urbani, dove la attività ininterrotta sta diventando la regola e paesi sperduti di provincia, dove sopravvivono ancora come nelle riserve indiane abitudini che sono invalse nei secoli.
La società 24/7 può infatti trarre nutrimento solo dai centri urbani. E quella più frenetica può alimentarsi soltanto nei centri più frenetici. Per chi volesse farsi un’idea di questo nuovo mondo, almeno per quanto riguarda il continente europeo, il luogo di pellegrinaggio imprescindibile è Londra. La Mecca del secolarismo, giocando su una crescita tumultuosa, su leggi che da 20 anni garantiscono flessibilità al mercato del lavoro, sulla multireligiosità e il crescente ateismo, che ha tolto potere alla Chiesa, oltre a una società di servizi spinta da media, comunicazioni, finanza e intrattenimento che esigono un funzionamento ininterrotto, ha dato un colpo di acceleratore negli ultimi dieci anni che ha lasciato indietro tutti gli altri centri europei.
L’autorevole settimanale The Economist , che da un paio di anni sta dedicando interesse crescente alla capitale, non fosse anche perché pesa per circa il 20% del pil del Paese, ha dedicato nell’ultimo numero un articolo in materia. Alcune statistiche: dal 1999 al 2013 i bus notturni sono raddoppiati per fare fonte a una triplicazione della domanda. Da settembre, ben 5 linee della metropolitana garantiscono un servizio di 24 ore durante i week-end. Ancora nel 2006 i Mc Donald aperti tutta la notte nella capitale erano 6. Oggi sono saliti a 40. Con orgoglio, il settimanale fa notare che, mentre i cittadini di New York possono aspettare il metro notturno per 40 minuti, tra una corsa e l’altra a Londra l’attesa è soltanto di 10 minuti. La polizia metropolitana, che terminava i turni di pattuglia (ex-emergenze) alle 10 di sera durante la settimana, ora lavora fino alle 2 di notte e fino alle 7 di mattina nei week-end. La gente fa sempre più lavori legati a turni. In tutto il Regno Unito sono ormai 5 milioni di lavoratori. Nella City, banchieri e avvocati lavorano spesso fino a notte fonda. Il famoso Miglio Quadrato, che fino a 20 anni fa era una sorta di colonia penale del lavoro, senza alcuna distrazione e con pochissimi pub aperti fino alle 11 di sera e un pugno di ristoranti carissimi, oggi brulica di negozi e di fast-food che lavorano fino a tardi. Il Globe Theatre replica di quello di Shakespeare situato a SouthBank fa addirittura delle rappresentazioni notturne.
Londra sta diventando essa stessa come uno smartphone, che cancella le categorie di spazio e tempo. Una città on demand dove si può avere tutto e subito in qualsiasi momento e luogo. Una città che non ha pace e che non dorme mentre voi dormite. E che, quando vi svegliate, nel frattempo è cambiata ed è pronta a cogliervi di sorpresa….