La notizia della morte per sfinimento di Moritz Erhardt, giovane stagista tedesco in prova in una banca d'affari americana della City, ha fatto il giro del mondo. Si può morire veramente per eccesso di lavoro alla tenera età di 21 anni, nel pieno della prestanza fisica e intellettuale? Pare proprio di sì, a giudicare dagli orari massacranti a cui il giovane era sottoposto, con otto turni di notte nelle prime 2 settimane di un percorso a ostacoli del periodo di internship di 7 settimane che aveva sottoscritto. Peraltro, non si può incolpare la Bank of America Merrill Lynch, presso cui Erhardt lavorava, di particolare crudeltà, dato che è noto che la selezione nelle banche d'affari è darwiniana, specialmente in un periodo di crisi del mercato del lavoro giovanile come quello che stiamo attraversando. Leggendo le cronache di questi giorni emerge che, per le giovani matricole che lottano per un posto al sole nella speranza di una vera assunzione, una settimana lavorativa di 6-7 giorni per un totale di 110 ore settimanali è abbastanza la norma. Come pure è la norma quella di fare il turno del cosiddetto magic roundabout, la rotatoria notturna che gira dalle 7 di sera alle 7 di mattina, o dormire soltanto 3 ore per alcuni giorni di seguito. Nella colorita terminologia della City, dove prevale ancora il machismo e il testosterone, capita inoltre spesso che le donne, più miti e remissive, vengano messe sotto ancor più duramente dei colleghi maschi, con orari lunghissimi nel rito che alcuni chiamano volgarmente la vagina tax.
Sono 20 anni che lavoro nella City, sia come testimone, dato che la ho osservata per 15 anni da giornalista, sia in presa diretta, poiché da 5 anni lavoro nel mondo delle comunicazioni finanziarie a contatto con banche, studi legali e aziende. Le internship fanno parte delle regole del gioco per un giovane che voglia sfondare nel mondo della finanza. La concorrenza per ottenere un periodo di tirocinio di un mese / un mese e mezzo è spietata, con pochi posti a disposizione rispetto a migliaia di domande. Non sorprende perciò che se uno o una entra in un grande istituto del cerchio magico degli eletti per un periodo di prova e spessissimo senza uno stipendio (le banche d'affari e alcuni studi legali sono un'eccezione dato che pagano mediamente un salario di 40mila sterline all'anno o la stessa cifra pro rata per un periodo più breve) debba sostenere il battesimo del fuoco. Questo si traduce però spesso in una prova di resistenza fisica, con orari di lavoro folli, dato che è il modo più facile di selezionare la gente. Come dicono gli anglosassoni: sink or swim, nuota o annega..
E' un bene? E' un percorso di guerra necessario da seguire per provare di essere all'altezza del glorioso mondo della finanza? Fa crescere la materia grigia nel cervello di un giovane arricchendolo intellettualmente? Gli permette una esperienza unica per apprendere importanti trucchi del mestiere?La mia risposta è un categorico NO e sono contento che questo incidente (quanti altri saranno capitati in passato senza che se ne siano capite chiaramente le cause?) abbia creato un vivo dibattito che inizia a mettere in questione i meccanismi di quella che chiamo la concorrenza distruttiva, ossia una competizione che si gioca ciecamente sul piano della forza e della quantità e miete un sacco di vittime a partire all'interno degli uffici in cui lavorano che dovrebbero dare loro modo di edificarsi. Una competizione che comincia in ufficio tra colleghi, invece di essere mirata ai concorrenti, che crea un ambiente di lavoro tossico, incentiva le bugie, la diffidenza reciproca, alimenta l'egoismo e la vanagloria e si conclude in un'orgia di superficialità intellettuale e alla fine, modesta professionalità.
Prendiamo il caso del nostro bravo "soldato tedesco" Erhardt, che ha confessato come la sua famiglia da lui "non si aspettasse altro che l'eccellenza". Una famiglia che ha senz'altro una buona dose di responsabilità in questa infelice parabola meteorica di un giovane essere umano. Erhardt, come ogni bravo allievo ufficiale dell'esercito della finanza, aveva fatto studi in America e in Germania, parlava 3 lingue, aveva vinto premi in discipline come la matematica, si distingueva tra i giovani leoni del partito Cristiano Democratico tedesco (CDU). Diceva di sè, ruminando quelle frasi che si leggono nelle biografie dei businessman di successo, "di avere una natura fortemente ambiziosa e competitiva e di non voler altro che eccellere". I compagni di lavoro hanno riferito ai media che si distingueva come uno di quelli che lavoravano di più, ossia per 15 ore al giorno e che era già considerato una star nel mondo testotsteronico del Miglio Quadrato. Pazienza se molti colleghi hanno ammesso che i turni di notte a volte sono vere prove di crudeltà inflitte dai boss che obbligano a soddisfare ridicole richieste che possono attendere la mattina seguente. Il nostro bravo soldato Moritz ha tirato il carro fino a che è scoppiato in un'ostinata rincorsa a riempirsi il medagliere (aveva fatto stages anche a KPMG, Morgan Stanley, Deutsche Bank) in vista di un'agognata assunzione. Il padre, psicoanalista, non ha fatto peraltro mistero delle aspirazioni del figlio, dicendo che, mentre altri giovani volevano diventare campioni sportivi, Moritz aveva già come stella polare quella del personaggio di Gordon Gekko interpretato da Michael Douglas nel film Wall Street . Un caso da psicoanalizzare? Apparentemente no, né per il padre di Moritz, che peraltro è del mestiere, né per chi guarda al mondo della City in modo mitico.
Non mi stupisce che il caso Erhardt stia creando tanto rumore anche al di fuori della City. Dopo gli eccessi di avidità che hanno portato alla crisi finanziaria del 2008, ora la gente si domanda infatti se la tanto lodata concorrenza non abbia, spinta al massimo, risvolti demenziali. Come tutte le cose eccessive, questa tristissima storia è un esempio grottesco di falsa meritocrazia e competizione ottusa che crea illusioni e danneggia la salute mentale di tanti giovani sempre più costretti a una vita di lavoro assurda. La morte di Moritz Erhard non deve essere avvenuta invano e deve servire a far riflettere quanti sublimano il mondo del business come fucina di valori esclusivamente positivi e fabbricano dei valori ridicoli che, invece di alimentare, limitano l'intelligenza e la capacità di apprendere di chi ha una vita davanti a sè.