Secondo stime attendibili, gli Italiani residenti in Gran Bretagna sarebbero circa 200mila, di cui quasi metà residenti a Londra. Malgrado la crisi economica abbia colpito duramente l'economia britannica, il numero ha continuato ad aumentare anche negli ultimi 5 anni. Tra alti e bassi, d'altronde, sta aumentando da metà Ottocento, da quando dall'Italia settentrionale giunsero i primi suonatori di organetto, gelatai e piastrellisti. Un fiume che continuò a ingrossarsi regolarmente fino agli anni '30 per poi registrare due impennate: una nel dopoguerra, con un forte afflusso di manovalanza meridionale e uno a partire dall'inizio degli anni '90, questa volta da tutte le regioni d'Italia grazie al boom della finanza e dell'economia della conoscenza che ha fatto di Londra il centro d'Europa.
Sulla storia degli Italiani a Londra, dai tempi dei suonatori d'organetto ai finanzieri della City passando per i ristoratori, imprenditori e i professionisti più sofisticati dei giorni nostri, ho appena letto un libro interessantissimo. Si intitola La Londra degli Italiani, è scritto da un giovane banchiere di nome Alessandro Forte ed è edito da Aliberti. E' certamente il libro più accurato che ho letto in materia. Ben ricercato, pieno di testimonianze dal vivo di personaggi più o meno illustri della nostra comunità, l'opera di Forte è scritta con passione e affetto sia per Londra, in cui l'autore si riconosce come uno dei tanti giovani Italiani che ha ottenuto riconoscimento professionale, sia per la comunità italiana, fatta di gente straordinaria. Persone che, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno fatto fortuna e hanno scelto di non rimpatriare, pure se hanno se ha tenuto un legame col Paese d'origine.
Il percorso degli Italiani a Londra è stato lungo e tortuoso e per almeno un secolo ha tratto vantaggio dal forte spirito di solidarietà dei nostri compatrioti. Una catena umana di solidarietà fatta di cordate provenienti dagli stessi Paesi d'origine. Una solidarietà che si è data istituzioni di mutuo soccorso e che ha continuato a funzionare, pur evolvendo, fino agli anni '80, quando l'egoismo thatcheriano, la religione della concorrenza e il boom della City hanno creato un mondo di individualisti in cui gli italiani si sono trovati a competere. Una sfida che è peraltro stata accolta volentieri da chi si ritrovava in alternativa a dover vivere e lavorare in un Paese ancora bloccato da meccanismi semi feudali di relazioni e un mercato del lavoro ingessato. Un flusso di giovani in aumento contonuo, specie negli ultimi quattro anni, da quando aumenta in modo verticale il numero degli studenti che si iscrive nelle Università britanniche, spinti da un senso di sfiducia nel futuro del proprio Paese.
Per gli Itliani che hanno deciso di andarsene a londra a tentare fortuna Forte giunge a un verdetto positivo: chiunque abbia voglia di fare, in Gran Bretagna, e a Londra in particolare, prima o poi vede riconoscere i propri sforzi. Anche se mette in guardia dal fatto che Londra, bella e attraente e ricca di opportunità, può essere anche spietata e indifferente. Meditate gente: il turismo è una cosa, il lavoro tutt'altra.