Ricordate le campagne referendarie di Mario Segni e Marco Pannella a favore del sistema uninominale all'inglese per uscire dalle paludi della partitocrazia che aveva paralizzato il nostro Paese in un marciscente centrismo senza dialettica? E il modello delle public companies che tante nostre menti auguste additavano ad esempio per uscire dall'angusto capitalismo familiare? E il metodo Brown di controllo del bilancio pubblico, segnalato come panacea per arginare il nostro prorompente deficit? E che dire del modello Fsa come esempio regolamentare per i mercati finanziari? Tutto acqua passata, tutto gettato nella pattumiera della storia dagli stessi inglesi. Che hanno perso la bussola al punto da avere messo da parte il proprio orgoglio e discutere se "copiare" i cugini europei.
Il dibattito politico anzitutto. Di sistema proporzionale in Gran Bretagna se ne parla da tempo poichè è chiaro a tutti che partiti come il liberaldemocratico, che ha quasi il 20% dei consensi in Parlamento conta meno del 10% dei deputati. Il sistema, messo a dura prova dai recenti scandali dei conti spese dei parlamentari, con la prospettiva che un centinaio se ne torni casa alle prossime elezioni, ha bisogno di riparazioni. Lo Stato è troppo centralizzato, il potere giudiziario è ancora troppo timido e l'esecutivo ha uno strapotere sul Parlamento. In Italia fino a poco tempo fa, prima che Silvio Berlusconi si ritagliasse il ruolo dominante degli ultimi mesi, l'anelito verso un esecutivo forte è sempre stato visto come legittimo. Il problema è che da noi eliminerebbe i partitini che non vogliono andarsene, anche se ormai molti paiono naturalmente in declino. In Gran Bretagna, dove i verdi con il 9% dei voti non sono mai riusciti ad esprimere un deputato, il timore è rovesciato: se si aprono le cataratte del proporzionale, secondo i detrattori, il Paese rischia di diventare ingovernabile, preda di continui compromessi e mediazioni. Quanto alle public company, che funzionano solo a condizione che ai piani alti delle aziende i consigli siano ispirati da un'etica ferrea, dato che i manager gestiscono roba non loro ma di una miriade di azionisti, negli ultimi anni, in particolare nelle banche, l'avidità è parsa prendere il sopravvento e ciò che era di tutti stava per diventare di nessuno. Anche qui sono in corso grandi dibattiti su riforme della Governance che non dubito daranno frutti, ma il modello è malato e in sala operatoria. Quanto agli enti regolamentari, il fatto che i conservatori abbiano deciso di ridare tutti i poteri di sorveglianza bancaria alla Banca d'Inghilterra in caso vincano le elezioni riducendo drasticamente quelli della Fsa, creata da Gordon Brown, la dice lunga su quanto poco chiare le idee siano su un modello di regolamentazione su cui tecnicamente ci possono essere dissensi ma non visioni diametralmente opposte. E ciò ci porta in generale a riflettere su quanto resterà della gestione e dell'impostazione intellettuale del New Labour in economia. Considerando che lo stesso Peter Mandelson, de facto vicepremier di questo Governo, nonchè minstero dell'Industria, ha dichiarato un mese fa che, tutto sommato, un poco di dirigismo alla francese non farebbe male all'economia inglese. Isomma, che gli inglesi siano pragmatici si sapeva ma che siano tanto inquieti dal volere sconfessare secoli di tradizioni o recenti innovazioni che erano state additate fino a una anno fa a modello per tutti ce ne passa. Effetti della recessione, che rende tutti nervosi e insicuri. E reazioni di una classe politica che non ha più le idee chiare e non sa che pesci pigliare. Dopo la morte delle ideologie, su cui fortunatamente non c'è molto da rimpiagere, c'è ora il rischio che si assista a quella delle idee tout court.