Per chi si interessa di temi britannici ed europei, è importante avere le idee chiare sulla composizione degli elettori che hanno votato per la Brexit. In genere tutti sanno che i giovani e le persone più istruite hanno votato contro la Brexit e viceversa gli anziani e i meno istruiti hanno votato a favore. Credo però sia utile avere chiari questi dati nei dettagli illustrati da questa tabella. Il che serve a capire meglio le ragioni profonde alla base delle scelte politiche e delle reazioni dell’opinione pubblica britannica. Una chiave per illustrare allo stesso tempo lo scollamento di rappresentanza dei partiti con la loro base elettorale.
RISULTATO REFERENDUM 2016 (ESITO: 48,1% REMAIN e 51,9% LEAVE)
(percentuale voto ) REMAIN LEAVE
Conservatori 40 60
Laburisti 65 35
Liberaldemocr 68 32
UKIP 5 95
Verdi 80 20
(fascia di età) REMAIN LEAVE
18-24 71 29
25-49 54 46
50-64 40 60
65+ 36 64
Titolo di studio REMAIN LEAVE
s.obbligo 30 70
liceo 50 50
laurea breve 52 48
laurea post laurea 68 32
(percentuale voto) REMAIN LEAVE
Elettori conservatori 39 61
Deputati conservatori 58 42
Elettori laburisti 65 35
Deputati laburisti 95 5
Prima di tutto possiamo notare che, nel partito conservatore, malgrado in parlamento i remainer fossero in netta maggioranza, la base elettorale del partito è stata in grande parte a favore della Brexit. Ciò spiega la lacerazione del partito di Governo che ancora oggi, malgrado sia schierato a favore della Brexit, continua a essere composto da almeno una metà di parlamentari che in cuor loro vorrebbero che la Brexit non avvenisse o avvenisse nei termini più blandi possibili. All’inverso, in casa laburista, dove i parlamentari erano plebiscitariamente per il remain, si sono trovati, al momento del referendum, con oltre un terzo degli elettori favorevoli alla Brexit. Il che spiega le titubanze del leader Jeremy Corbyn a fare una campagna fortemente anti-Brexit e, ancora oggi, spiega perché Corbyn accetti il responso delle urne, anche se ha detto di volere che il processo avvenga nel modo più morbido possibile e mantenendo il più possibile i legami con il mercato della UE.
Quanto agli elettori, si conferma in buona parte la teoria della “paura della paura” ossia che, coloro i quali sarebbero meno toccati dall’immigrazione europea, e cioè gli anziani e vecchi che si avviano verso o sono già in pensione, hanno più timore della concorrenza della mano d’opera europea rispetto ai giovani che si trovano ancora davanti a una vita di lavoro competendo con giovani immigrati. A Londra, peraltro, dove un abitante su tre è nato all’estero, la gente ha votato al 60% per il remain. La verità che emerge è che la motivazione economica è un pretesto che cela altre ragioni, come il timore di una perdita dell’identità nazionale e l’intolleranza verso un’ulteriore integrazione europea, che porti a un degrado crescente dei meccanismi di rappresentanza diretta.
Per concludere, la forza dei fatti, così come stanno le cose, non congiura per una soluzione della crisi: i conservatori, spaccati in due e in preda a una guerra civile (dopo la recente conferenza del partito a Manchester la posizione di Theresa May pare sempre più traballante), hanno un elettorato in buona parte di brexiter e faticano a fare un fronte comune nei negoziati con la UE. I laburisti, per quanto si vogliano mostrare più filo-europei, mantengono un’ambiguità sconcertante. Quanto all’elettorato, i brexiter, particolarmente i vecchi e meno istruiti, restano della loro idea, mentre i giovani subiscono con sgomento una situazione che rischia di rovinare loro il futuro per molti anni a venire, congelando i loro rapporti con un’Europa che avevano scoperto con entusiasmo e dove si recavano sempre più di frequente sia in vacanza sia per lavoro.