Così parlò Mark Carney, “nemico” della Brexit

Mark Carney è forse il peggiore nemico dei sostenitori della Brexit. Non solo perchè da prima del referendum mette in guardia con competenza e puntiglio dai pericoli economici di una uscita del Regno Unito dalla UE. Soprattutto per il ruolo che ricopre, ossia quello di Governatore della Banca d’Inghilterra. E, dato che dal 1997 la Banca centrale è indipendente dalla politica, Carney è un personaggio estremamente scomodo per quei politici che vogliono dipingere la Brexit come una passeggiata che porterà il Paese in un paradiso tutto rose e fiori.

L’occasione è giunta  venerdi 3 agosto quando, intervistato al programma Radio 4 della BBC, Carney ha messo in chiaro che la possibilità di una uscita del Regno Unito dalla UE senza un accordo di separazione è < disagevolmente alta > (uncomfortably high, letteralmente, in inglese) e che potrebbe portare a una < perturbazione > (disruption) dell’attività economica con un inevitabile aumento dei prezzi per un periodo probabilmente lungo. Uno scenario, ha aggiunto, da considerare < altamente indesiderabile>. Le parole di Carney hanno portato a uno scivolone della sterlina sotto quota 1,30 dollari provocando l’ira dei fautori della Brexit che lo hanno accusato di atteggiamento “irresponsabile”.  Per costoro Carney è stato uno dei capofila del cosiddetto project fear , la campagna di intimidazione che hanno portato avanti i remainers per convincere gli elettori a rimanere nella UE. Il critico più feroce in queste ore è stato Jacob Rees Mogg, uno dei brexiters più fanatici, che ha descitto Carney come < il gran sacerdote del project fear la cui fama per previsioni inaccurate e politicamente motivate hanno rovinato la reputazione della Banca d’Inghilterra >.

Durante la campagna referendaria, sia Carney sia il Tesoro, allora guidato dal Cancelliere George Osborne avevano messo in guardia dal rischio di una recessione in caso di Brexit. Carney ieri ha ribadito che dopo il referendum sulla Brexit, l’economia britannica ha assunto un ritmo di crescita di quasi il 2% inferiore rispetto alla previsioni precedenti e comunque sta performando peggio di tutte le altre grandi economie occidentali. Carney ha rilevato che il rallentamento della crescita demografica e la bassa produttività del Paese fanno sì che, sopra un tasso di crescita dell’1,5%, l’economia britannica produce inflazione e che quindi i tassi vanno adeguati. Carney aveva peraltro parlato in occasione dell’ aumento di un quarto di punto dei tassi inglesi, dallo 0,5% allo 0,75%, e ha aggiunto che è verosimile uno scenario per cui i tassi possano crescere di un quarto di punto l’anno nei prossimi tre anni. Per quest’anno la Banca prevede una crescita del 1.4% dell’economia britannica in calo rispetto alla precedente previsione dell’1,8% e per il prossimo prevede il 1,5%, in calo rispetto alla precedente previsione dell’1,7%.

Da un paio di settimane nel Paese infuria la polemica sulla possibilità di una uscita del Paese della UE senza un accordo, ossia uno scenario da no deal brexit . Per quanto questa inquietante prospettiva abbia aumentato fortemente lo stato di emotività collettivo, uno scenario del genere pare inverosimile e ha tutti i connotati di un espediente negoziale. In effetti, nella pratica, paiono tutti prendersela con calma. Il capo delle forze armate Nick Carter ha candidamente ammesso che non esistono allo stato piani di emergenza alle frontiere nel caso di forti perturbazioni nei rifornimenti alimentari e di medicinali causati da una uscita brusca dal mercato unico. Oltre i due terzi delle aziende britanniche non hanno attivato piani di contingenza nel caso di una paralisi di forniture. Come rilevava l’ultimo numero di The Economist , peraltro, una minaccia dalla parte del Governo per un no deal Brexit è controproducente per Londra. Il settimanale fa infatti notare con la metafora dell’acquisto di un’auto che rinunciare all’accordo lascia il compratore nella situazione iniziale non procurandogli alcun danno. Nel caso di Londra la mancanza di un accordo creerebbe un danno auto-inflitto enorme, come se uno decidesse di saltare da un aereo senza paracadute e poi cercasse di negoziare a mezz’aria per ottenerne uno.

I sostenitori del no deal , tra cui molti Brexiters dicono che un divorzio brusco causerebbe danni anche alla UE e che Bruxelles ha interesse a giungere a miti consigli e fare concessioni a Londra. Purtroppo, stando agli ultimi calcoli del FMI una Brexit brusca causerebbe, da qui al 2030, un calo del 4% dell’economia britannica rispetto a oggi, di oltre il 3,5% di quella della vicina Irlanda e in varie misure, tra lo 0,25% (Italia|) e l’ 1% (Paesi Bassi), per gli altri Paesi UE, con una media ponderata dello 0,5%. Certo, una Brexit brusca è indesiderata da tutti, ma chi ci rimetterà di più è senz’altro il Regno Unito. Certo, anche il FMI secondo i Brexiters fa parte di quelle istituzioni elitarie e parruccone che seminano la paura e quindi non sono da ascoltare. Davanti ad argomenti del genere , che hanno come contro-argomentazione soltanto un ottimismo giulivo di un mondo che sorriderà al Regno Unito < permettendo al leone di ruggire ancora > come allegramente dichiara Boris Johnson, è difficile discutere. E lo “straniero” canadese (in possesso peraltro anche di un passaporto inglese, ndr) Mark Carney si trova inevitabilmente a fare da facile bersaglio. A suo onore va detto che non ha mai fatto mistero di dire in piena indipendenza quello che pensa sia giusto. Tanto più che ha messo in chiaro di volere accorciare il proprio mandato di due anni, al 2019, per tornarsene a casa propria. Se mai a fine marzo del 2019 Londra decidesse un brusco divorzio gettandosi dalle scogliere di Dover, Carney resterebbe il minimo indispensabile per il primo pronto soccorso. Ad altri l’onere di salvare il Paese. Lui aveva da tempo avvertito delle conseguenze.