Commonwealth o UE, questo il (falso) problema

Voltare le spalle alla burocratica UE con i suoi lacci, laccioli e prepotenze soffocanti e commerciare apertamente con il mondo. Questo il sogno dei Brexiter, i fautori dell’uscita dall’Unione europea. E dato che parliamo del mare sconfinato del resto del mondo, con i suoi 7 miliardi di abitanti rispetto ai miseri 500 milioni della UE, perché non pensare al vicino Commonwealth che, con i suoi 2,4 miliardi di abitanti e 10mila miliardi di dollari di Pil combinato permetterebbe al Regno Unito di decollare per la tangente e tornare a brillare come ai tempi fastosi dell’impero della Regina Vittoria?

La domanda è legittima e più che attuale, dato che in questi giorni a Londra si sta svolgendo il summit dei 53 Paesi del Commonwealth in massima parte ex membri dell’impero. Malgrado il sole splendente, in una giornata che ha battuto il record di calura settantennale nella storia britannica, il quadro è grigio e triste. Molto probabilmente questo sarà l’ultimo summit (ha cadenza biennale) che la regina Elisabetta si troverà a presiedere. E quasi certamente sarà l’ultimo summit in cui l’economia britannica primeggia ancora rispetto a quella degli altri 52 Paesi. Con un pil di 2500 miliardi di dollari, ormai Londra vede da vicino nel proprio specchio retrovisore l’India, che cresce al ritmo del 7% e il cui pil ha raggiunto 2450 miliardi. Questione di un anno, massimo due, e  il primato verrà abbattuto. Ma, si potrebbe dire, proprio in virtù di questo vigore di crescita del nuovo mondo Londra potrebbe ricevere linfa vitale per la propria espansione, alla faccia di un’Europa decadente.

Invece non è cosi. I motivi sono molti. Innanzitutto le cifre, la realtà come è oggi: Il Regno Unito, malgrado la vastità del Commonwealth con  cui ha 44 accordi commerciali , importa per 45 miliardi di sterline e esporta per 48 miliardi contro, rispettivamente, i 288 milardi e 242 miliardi della UE e 213 e 228 miliardi del resto del mondo. Malgrado la sua maestà e i forti rapporti con i britannici, il Commonwealth è un topolino in termini commerciali non solo rispetto alla UE ma anche agli altri Paesi del mondo (USA e Cina in testa) con cui Londra commercia molto di più. I motivi sono vari: prima di tutto, eccetto l’India e il Canada (il cui pil è di 1600 miliardi di dollari)  il Commonwealth è composto da Paesi economicamente “piccoli”, spesso lontani, con una struttura che mal si adatta agli scambi con il Regno Unito. Il blocco dei 53 Paesi inoltre, non è un blocco commerciale e dunque, a differenza della bistrattata UE, non ottimizza e stimola i rapporti economici tra Paesi membri. Gli inglesi tendono peraltro a dimenticare che nel 1973 decisero di aderire a quello che allora era il Mercato Comune Europeo proprio perché l’area sterlina di cambi fissi era in netto declino e aveva ricevuto un colpo fatale dopo la massiccia svalutazione del pound nel 1967.

Paesi come Australia e Nuova Zelanda pur nel caso di rapporti economici sempre più stretti e tutti da provare, sono economicamente irrilevanti per compensare le perdite commerciali subite con la uscita dalla UE. Uno studio recente calcola che, una volta fuori dalla UE, nella migliore delle ipotesi il pil britannico rischia una riduzione del 5% che verrebbe compensato da un 0,7% di segno positivo grazie all’input dal resto del mondo… Infine, l’India, unica ciambella di salvataggio che inizia ad aprire gradualmente la propria economia dopo decenni di protezionismo, ha più da guadagnare a fare accordi con la UE rispetto che l’UK. Paradossalmente, come faceva notare il Financial Times, i problemi tra UE e India risalgono principalmente a veti e blocchi con il Regno Unito sul fronte delle vendite di whisky e di immigrazione degli indiani nella UE. Il timore in fatti è che se la UE aprisse le porte all’immigrazione indiana (finora la politica di immigrazione la fa Bruxelles per tutti) la grandissima parte di indiani finirebbe in UK. E, una volta che Londra sarà “libera” dal legame europeo, la richiesta le verrà posta direttamente da New Delhi in cambio di maggiore commercio. D’altronde, il premier Narendra Modi la questione la ha gia’ posta a Londra direttamente a piu’ riprese…..