Quando i bonus entrano in politica

E' comprensibile che la peggiore recessione dal dopoguerra, provocata da abusi nel mondo della finanza, portasse a un sordo risentimento contro i banchieri. Meno comprensibile che questi, che sono tornati a fare soldi, siano ottusamente tentati di attribuirsi nuovamente generosi bonus come se nulla fosse. Questo atteggiamento ha spinto la politica a mettersi di mezzo per mediare con l'indignazione collettiva.

La Fsa, l'ente regolamentare dei mercati finanziari britannici, accusata peraltro di avere sorvegliato poco banche e banchieri quando si era in tempo per evitare il peggio, è stata al centro di forti critiche in questi giorni dopo avere fatto marcia indietro su una serie di raccomandazioni destinate a irrigidire la governance degli istituti finanziari sul fronte delle retribuzioni. La Fsa si è difesa dicendo che le raccomandazioni rappresentano comunque un giro di vite, al punto che, anzi, potranno essere annacquate ulteriormente entro 12 mesi se dimostreranno di danneggiare la City nel caso in cui altri regolatori occidentali si dimostrino più blandi. Il direttore generale, Hector Sants, ha peraltro detto che non è compito dell'ente di sanzionare ma di dare delle indicazioni su come evitare che una politica di retribuzioni sbagliata porti a prese di rischio eccessive. Ma, come si diceva, l'argomento è molto delicato ed è finito rapidamente in politica. George Osborne, cancelliere ombra dei conservatori, ha attaccato Gordon Brown dicendo che le sue riforme non hanno denti e che è indegno che delle banche che sono state salvate dai soldi dei contribuenti sia come entità singole, come nel caso delle seminazionalizzate, sia come sistema in generale, continuino ad andare avanti con il metro del passato. In un sussulto giacobino, raro nei conservatori, il cancelliere-ombra ha fatto capire che il suo partito è pronto a misure molto più energiche in materia. Lo stesso hanno detto i liberaldemocratici, che sul tema hanno sempre avuto un atteggiamento ipercritico. E i banchieri? Si sono difesi spiegando che i bonus sono connaturati nella natura dei mercati finanziari, e che essi operano in un universo di rischi, per cui forti oscillazioni dei mercati e giuste scommesse portano a forti retribuzioni. Ma i politici e la gente comune di rischi non ne vuole più sentire parlare. Dimenticando che la finanza ha un forte elemento di scommessa connaturato e che le scommesse non si fanno a metà. Ma di queste cose la politica, atterrita da un'ondata di furore dell'opinione pubblica, non ne vuole sapere.